Ho scoperto che quando scrivo con la tastiera, se non sto
attento, il mio portatile mangia le emme. Ad esempio, se non avessi digitato i
tasti con la dovuta zelante cura, ci sarebbe potuto scappare un “angia” o un
“esepio”, anche se, a dirla tutta, fin qui il difetto sarebbe pure tollerabile. Certo
è cosa dura per un fanatico della parola come il sottoscritto accettare che, parlando
di cose a cui tiene, i vocaboli che ne esplicano i concetti degenererebbero in tetri errori ortografici. Dovrei accettare una
vita di “ongolfiere”, “arellate”, “cinea”, e, pur a malincuore, fin qui potrei
pure sorvolare. Il dramma incalza, però, quando dal campo della semiologia si
passa alla semantica, quando il segno non perde senso, ma ne acquista uno
nuovo. Qua le cose iniziano a farsi più complicate.
"Dammi" si capovolge in "dai" e il possessivo "me" si
converte nella ben più generosa congiunzione "e", suggerendomi quasi di essere meno
incentrato su me stesso e darmi più al prossimo, addirittura andare alla ricerca di un
ipotetico noi. Ma se "amore" mi diventa "a ore", qualche
perplessità poi mi sorge perché sembra che l'unico cui potrei aspirare è quello
che una prostituta soltanto può dare. D'altronde anche il nome della mia ex
ragazza, "Maria" cede facilmente il posto ad "aria", come quella che
senza pensarci due volte ha repentinamente cambiato dopo la nostra rottura. “Mira” cambia in “ira”, perché in fin dei conti è tutto ciò che mi resta ogni volta - e
capita spesso - che non centro un bersaglio. E dopo “calmarsi” non è mica
facile, visto che diventa un “calarsi”, magari in panni che ormai non sento più
miei. E se penso che "il mare" diventa "ilare" e
"remo" muta in "reo", come se facesse ridere anche solo
fantasticare sulla possibilità di una vacanza, di uno svago, inizio a pensare che devo
scontare una qualche colpa dimenticata. L’unica cosa che mi consola ormai è che
“mali” si converte in“ali”, così se proprio le cose si fanno insostenibili almeno mi resta la flebile speranza di spiccare il
volo: magra (o agra, poco cambia) consolazione, direte voi?
In fin dei conti mai dire ai.