sabato 26 gennaio 2013

ancanze

Ho scoperto che quando scrivo con la tastiera, se non sto attento, il mio portatile mangia le emme. Ad esempio, se non avessi digitato i tasti con la dovuta zelante cura, ci sarebbe potuto scappare un “angia” o un “esepio”, anche se, a dirla tutta, fin qui il difetto sarebbe pure tollerabile. Certo è cosa dura per un fanatico della parola come il sottoscritto accettare che, parlando di cose a cui tiene,  i vocaboli che ne esplicano i concetti degenererebbero in tetri errori ortografici. Dovrei accettare una vita di “ongolfiere”, “arellate”, “cinea”, e, pur a malincuore, fin qui potrei pure sorvolare. Il dramma incalza, però, quando dal campo della semiologia si passa alla semantica, quando il segno non perde senso, ma ne acquista uno nuovo. Qua le cose iniziano a farsi più complicate.
"Dammi" si capovolge in "dai" e il possessivo "me" si converte nella ben più generosa congiunzione "e", suggerendomi quasi di essere meno incentrato su me stesso e darmi più al prossimo, addirittura andare alla ricerca di un ipotetico noi. Ma se "amore" mi diventa "a ore", qualche perplessità poi mi sorge perché sembra che l'unico cui potrei aspirare è quello che una prostituta soltanto  può dare. D'altronde anche il nome della mia ex ragazza, "Maria" cede facilmente il posto ad "aria", come quella che senza pensarci due volte ha repentinamente cambiato dopo la nostra rottura. “Mira” cambia in “ira”, perché in fin dei conti è tutto ciò che mi resta ogni volta - e capita spesso - che non centro un bersaglio. E dopo “calmarsi” non è mica facile, visto che diventa un “calarsi”, magari in panni che ormai non sento più miei. E se penso che "il mare" diventa "ilare" e "remo" muta in "reo", come se facesse ridere anche solo fantasticare sulla possibilità di una vacanza, di uno svago, inizio a pensare che devo scontare una qualche colpa dimenticata. L’unica cosa che mi consola ormai è che “mali” si converte in“ali”, così se proprio le cose si fanno insostenibili almeno mi resta la flebile speranza di spiccare il volo: magra  (o agra, poco cambia) consolazione, direte voi?
In fin dei conti mai dire ai.

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